Ritorno nella città senza nome: la città segreta

Condividi questo articolo

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su telegram
Condividi su whatsapp
Condividi su email

Ritorno nella città senza nome: la città segreta

Nascere in una città segreta, quasi sconosciuta perfino in Patria, sembra essere l’incipit di un thriller. A dire il vero, non ci discostiamo molto dalla verità. Natasha Stefanenko, modella italo-russa e conduttrice televisiva, ha pubblicato da poco il libro Ritorno nella città senza nome, edito da Mondadori: un’autobiografia romanzata, dove “l’85% di ciò che racconto è la verità”.

Una storia che ha dell’incredibile, ma soprattutto una storia che ha un obiettivo ben specifico. Stefanenko afferma che “l’intento era far capire come si formava la mentalità dei russi” durante la caduta dell’Unione Sovietica, periodo in cui il popolo bramava una libertà che non sapeva come gestire poiché i cittadini non erano “abituati a vedere la vita” con i propri occhi. Era il governo a pensare per loro.

Si tratta degli anni della Guerra Fredda, di Reagan e Gorbačëv, del nucleare e dei pass per varcare gli alti muri recintati dal filo spinato. Sono momenti decisivi per la storia contemporanea, momenti di cui possiamo conoscere l’aspetto umano – spesso dimenticato – attraverso gli occhi di chi questi eventi li ha vissuti in prima persona.

Ma Natasha Stefanenko va oltre: giunge alla religione, planando sulla famiglia fino ad arrivare ai ricordi del nuoto e di una Mosca sconosciuta.

Non è un segreto – almeno questo – che l’Unione Sovietica fosse fortemente atea. “A scuola ci insegnavano che Dio non c’era, che Dio eravamo noi”, eppure l’autrice si poneva domande sulla fede fin da bambina. A fornirle risposte era nonna Lidia, presente anche nel libro senza alcun pseudonimo, che con dolcezza le diceva che “Dio è dentro di noi, cerca di parlare con lui e ti aiuterà a trovare il percorso nella vita”.

E la strada intrapresa l’ha condotta in Italia, tra serendipità e incontri inaspettati, in una nazione dove la spiccata differenza culturale le ha insegnato molto, soprattutto ad accettarsi. Difatti, come spiega Stefanenko, in Russia non sei educato ad amarti: sei al servizio della Patria, della famiglia, di chi ti circonda, tranne che di te stesso. Il perfezionismo russo, poi, può tramutarsi un fardello capace di tarpare le ali ancor prima di spiccare il volo. Nel nostro Bel Paese, invece, la conduttrice ha imparato ad essere felice dei risultati ottenuti, qualsiasi essi siano, poiché consapevole di aver fatto il possibile pur di raggiungerli. Un’altra lezione che tiene stretta al proprio cuore, e che cerca di trasmettere ai lettori nel suo blog personale, è che gli errori sono il punto di partenza per migliorarsi: fallimento fa rima con arricchimento.

Ciò non significa ripudiare la propria cultura natale, anzi, l’autrice afferma con orgoglio che ha due cuori, uno russo e uno italiano, da cui cerca “di prendere il meglio delle mentalità di entrambi i Paesi”.

La sua storia ci insegna che non sono le origini o le situazioni in cui nasciamo a definirci, bensì sono la forza che abbiamo dentro e la volontà di superare le nostre paure. Partita da un Paese in cui “la crisi era bestiale” e “i negozi erano tutti vuoti”, la conduttrice ha saputo tramutare le difficoltà in opportunità ed occasioni per crescere. “Quando ho visto il primo supermercato a Milano mi veniva da piangere per l’emozione, tutti gli scaffali pieni, tutti quei colori” è una dichiarazione forte, che dovrebbe far riflettere non soltanto sul passato, ma anche sul presente.

Un’affermazione che aiuta a comprendere meglio da quale condizione sfavorevole Stefanenko è riuscita ad emergere, superando soprattutto le sue fragilità. “Ero una bambina insicura, mi vergognavo di me stessa, non capivo come qualcuno avrebbe potuto volermi bene”, racconta ancora la scrittrice, lasciando emergere una sfiducia nata dal bullismo, dove soprannomi come “antennona” e “giraffona” colpivano nel profondo. Per superare il difficile rapporto con lo specchio e il timore di restare sola, l’autrice aveva deciso di affrontare “il mondo con l’intelligenza e lo studio” e ce l’ha fatta. Non soltanto per la laurea in Ingegneria metallurgica, ma anche – e soprattutto – per l’essere riuscita a mostrarsi come la donna forte e resiliente che è davvero, andando oltre quei pregiudizi dell’epoca per cui “le modelle russe erano solo prostitute”.

È grazie alla determinazione, e a una gran dose di coraggio, che Stefanenko ha dimostrato che cambiare la propria vita è possibile.

Ne parleremo ancora, insieme a Natasha Stefanenko, ad Asculum Festival. Clicca qui per prenotare il tuo posto per questo e per tutti gli altri appuntamenti che si svolgeranno il 15, 16 e 17 Settembre!

Condividi questo articolo

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su telegram
Condividi su whatsapp
Condividi su email